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Nel 1964 Eric Berne pubblicava un interessante saggio in cui sfruttando le caratteristiche e gli elementi del gioco, l'analista, cercava di comprendere il ruolo e la posizione di un individuo nei confronti dell'ambiente circostante e di altri soggetti.

Recentemente, un saggio dello scrittore Baricco, "The Game", prova a descriverci la società contemporanea, le sue trasformazioni e la sua natura intrinsecamente assimilabile ad un enorme "gioco" cercando di delineare come il passaggio da civiltà analogica a civiltà digitale abbia risposto a precisi bisogni: dissoluzione di confini, diffusione di ruoli e alta accessibilità per tutte quelle abitudini umane che richiedono dei processi relazionali e d'interazione.

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Cosa accomuna i due contributi e come è possibile utilizzare il "gioco" in ambito psicologico e psicoterapeutico?

Un elemento comune, quello su cui ci focalizzeremo, è sicuramente la scelta del gioco come modello per interpretare la complessità del mondo, e questo fin da piccoli! L’infanzia è un periodo particolarmente sensibile per lo sviluppo e in questo momento l'essere umano impara letteralmente a "collocarsi" nel mondo (chi sono, cosa faccio); si tratta di una grande manifestazione della personalità, il gioco, che trae origine da questo bisogno interiore.
Il gioco dà al bambino fiducia nelle sue possibilità (riesco a fare una particolare azione), capacità di prendere coscienza della realtà che lo circonda (oggetti e persone sono legate da relazioni causa-effetto) e lo mette in condizione di modificarla a suo piacimento (oggetti vari possono essere utilizzati per costruire, per distruggere o per entrambe le cose contemporaneamente), realizzando desideri impossibili (fingere di essere qualcosa o qualcuno per esempio imitando), compensando le frustrazioni (in una dimensione di gioco sano non esiste performance e quindi non esiste il fallimento), scaricando le ansie e liberandosi dalle angosce (il pensiero e l'azione sono direzionati verso un'attività anche stancante ma in una dimensione priva di giudizio). Inoltre il gioco consente di dirottare gli impulsi distruttivi verso attività socialmente accettabili.

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In parole povere l’attività ludica avvia il bambino alla conoscenza di ciò che accade intorno a lui e stimola lo sviluppo delle funzioni cognitive: con il gioco il bambino adatta le situazioni ai suoi scopi, ne analizza le caratteristiche e stabilisce le relazioni tra vari elementi della realtà. Si tratta di un contributo importante che potrebbe dare ottimi frutti anche in altri periodi di vita come quello adolescenziale e l'età adulta.

Negli ultimi anni, pertanto, come professionista (Psicologo e Psicoterapeuta della Gestalt) è stato interessante realizzare alcuni progetti in tal senso (basta cliccare sul titolo per saperne di più):

Altri progetti sono in corso di realizzazione e su tutti va detto che sono stati possibili grazie a una proficua collaborazione con una giovane e dinamica start-up Pugliese: l'associazione Tou.play!

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Dal punto di vista strettamente terapeutico e quindi attinente a ciò che succede nello studio di psicoterapia con i pazienti è necessario invece accennare brevemente al "Gioco di Ruolo", perlomeno nella sua accezione più generale. La trovate cliccando qui.
Si parla di ruolo quindi, di ambiente in cui questo ruolo svolge la sua funzione e... di gioco per l'appunto! In terapia, per molti disagi di tipo psicologico, è fondamentale confrontarsi con il paziente per sostenerlo nel ritrovare un "ground" (una base sicura, un porto sicuro, radici familiari, competenza relazionale...) rispondendo ai tre grandi quesiti che sempre, di attimo in attimo, ci poniamo: CHI SONO - DA DOVE VENGO - DOVE VADO.

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"The End of Doubt" è una splendida opera della graphic designer Anca Stefanescu

 

Se ho subito un trauma, se sono sotto stress, se sono bloccato dal panico o dall'ansia etc. non sarò in grado di rispondere serenamente e con fiducia a queste domande e di conseguenza faticherò a sentirmi stabile, quel tanto, da potermi proiettare nel futuro.

Qui arriva in soccorso il gioco: in psicoterapia si lavora all'interno di un contesto in cui NESSUNO richiede performance o abilità; è un contesto che sostituisce al verbo DEVO il verbo POSSO e dove il paziente può liberamente sperimentarsi in nuovi ruoli e in nuove possibilità di esistere.

Sembra molto simile a quanto detto prima rispetto al gioco in infanzia... eh? E' proprio così infatti! Restituire una dimensione "giocosa" anche a noi adulti rappresenta un strumento terapeutico poderoso.

Tornando ai due libri citati in precedenza è doveroso comunque sottolineare che il "The Game" di Baricco ci descrive una grande trasformazione sociale: il passaggio da analogico a digitale; e questo certamente espone l'essere umano a un momento di transizione non privo di difficoltà di natura sociale, relazionale e personale. Ne scrivevo qui a proposito di nuove teconologie e famiglie.

I nuovi disagi psicologici, tipici di questa epoca post-moderna connessi a questa transizione possono essere vari:

  • ludopatie o altri tipi di dipendenze;
  • alienazione;
  • scarsa consapevolezza emozionale;
  • cyber-bullismo;
  • difficoltà relazionali e affettive di vario genere;
  • altro ancora...

Queste sono alcune tra le problematiche più diffuse e intimamente legate a questo periodo storico e per tutte è POSSIBILE un percorso psicoterapeutico che può migliorare le condizioni di vita.

Anche per questo è importante tenere presente la dimensione del gioco: se il gioco (della nostra vita potremmo aggiungere) coinvolge tutti i sensi non c'è rischio di non essere consapevoli emozionalmente, se il gioco è mirato verso l'ambiente e le persone circostanti si minimizzano i rischi dell'alienazione, se il gioco è continuamente scoperta di sensazioni nuove non c'è pericolo di una vorace, ripetitiva e per nulla appagante giocata al "gratta e vinci" per esempio...e via così.

Sia nei progetti e i laboratori con gruppi che nei percorsi di terapia individuale, nel mio lavoro, è presente come un attore principale il nostro ambiente circostante. Le nostre origini (sentimentali ma anche geografiche), i luoghi che abitiamo e che visitiamo, i nostri luoghi di lavoro, il luogo che chiamiamo casa e quello che chiamiamo famiglia sono intrisi delle nostre emozioni (leggi QUI per approfondire) e delle nostre proiezioni. Questi luoghi sono i nostri palcoscenici ogni attimo della nostra vita e quindi svolgono un ruolo fondamentale per il nostro benessere psicologico. Cllicando QUI puoi trovarne un ulteriore approfondimento!

Prendiamoci cura di noi stessi, prendiamoci cura dei luoghi che attraversiamo e...giochiamo!

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